domenica 10 febbraio 2019

Il mestiere del filologo



Ciao a tutti, sono Daniela, dottoranda in Studi Umanistici, e mi occupo di filologia greca, in particolare di papiri tragici eschilei.
Il mestiere del filologo è spesso ignoto: molti non sanno cosa sia la filologia o la scambiano con la filosofia per un gioco di assonanza; eppure, il mestiere del filologo è uno dei più antichi: la ricostruzione testuale e la critica testuale, infatti, risalgono già all'età ellenistica, allorchè, nella biblioteca d'Alessandria d'Egitto si cercava di raccogliere e conservare tutto lo scibile posto sino ad allora per iscritto. L'epoca eroica della filologia è stato il periodo che va dalla seconda metà dell'Ottocento sino alla prima metà del Novecento. E poi? Poi solo dubbi, esitazioni, questioni relative alla sua effettiva funzione.
Pertanto, nel mondo odierno in cui il digitale avanza e la cultura cambia direzione, che valenza ha la filologia? Che senso ha il recupero di autori e testi antichi? Perchè dedicare tempo a studiare la storia e la tradizione dei testi, allestirne l'edizione, prepararne un erudito commento? Sembra che il mondo che sta oltre le aule universitarie nutri un forte disinteresse per questo sapere umanistico che sembra non spendibile nel mercato culturale, sicchè i filologi si ritrovano il più delle volte a dover quasi giustificare il proprio operato e a cercare di spiegare ai non addetti ai lavori quale sia lo scopo e il perchè di questa imperterrita necessità di rendere utile l'inutile.
La risposta a ciò mi piace credere si possa trovare nelle parole di Stefano Rapisarda, che nel suo recente volume La filologia al servizio delle nazioni, riflette sulla sorte di questa disciplina: «La filologia non è utile o interessante in assoluto, lo è quando si applica ai temi ideologicamente caldi intorno ai quali è nata […]. L’auspicio è che le filologie si ridefiniscano intorno ai ‘temi caldi’ di un’epoca, alle passioni politico-ideologiche, ai Grandi Libri sui quali ogni civiltà è costruita, e che esse riannodino i legami con la comunità di cui sono espressione». Sembra proprio, dunque, che anche il mestiere del filologo abbia una propria dignità e che nella cura dei libri ci sia la cura per la bellezza e la comprensione dell'umanità.

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